Tutto per le pellicce
ella storia del west la caccia organizzata agli
animali da pelliccia fu alla base di gran parte delle esplorazioni
di zone sconosciute ai bianchi, di una larga fetta dei primissimi
contatti con i gruppi tribali che risiedevano nelle regioni
occidentali degli attuali USA, di una forte incentivazione al
movimento di massa che avrebbe caratterizzato, infine, gran parte
del XIX secolo.
La Compagnia delle Pellicce delle Montagne
Rocciose (Rocky Mountains Fur Company) nacque nel 1822 per
iniziativa del Generale H. Ashley e di Andrew Henry, due mercanti di
pellicce della regione di Saint Louis. Alla loro compagnia
prestarono i propri servizi quei cacciatori ed esploratori che
sarebbero presto entrati nell’immaginario collettivo: Jim Bridger
(che fu, forse, il primo bianco a visitare la regione del Gran Lago
Salato ove sarebbero andati a vivere i Mormoni), il cacciatore di
colore James Beckwourth, Edward Rose (un pirata di acqua dolce che
aveva abbandonato le vie dell’illegalità), William ed Andrew
Sublette (i coraggiosi ed intrepidi fratelli che nel 1832 scamparono
alla disfatta di Pierre’s Hole in cui un folto gruppo di cacciatori
venne sconfitto dai Gros Ventre), Jedediah Smith (un Metodista che
accompagnato dalla sua Bibbia seppe catturare fino a 668 castori –
trasformati in pellicce – in una sola stagione).
Rispetto ad altre compagnie di pellicce che
sarebbero nate in seguito, La Compagnia delle Montagne Rocciose
seppe trattare i cacciatori in maniera onesta, nel pieno rispetto di
accordi, senza “prenderli per il collo”. Inoltre, Ashley ed Henry
escogitarono un sistema “mobile” di organizzazione; in pratica
eliminarono tutte le postazioni fisse di incontro, preferendogli
piuttosto la duttilità di punti di incontro stagionali da decidere
di volta in volta. In quel modo i cacciatori potevano incontrarsi
laddove si poteva essere sicuri dagli attacchi degli indiani (sempre
possibili a quei tempi) e gestire gli scambi in un clima festoso.
Gli stessi cacciatori autonomi seppero presto
fare a meno delle postazioni fortificate, avanzando in maniera
silenziosa nei territori presidiati dagli indiani e facendo rientro
ai punti d’incontro alla fine della caccia di primavera.
Naturalmente non possiamo fare a meno di
parlare dei loro rapporti con gli indiani. Questi ultimi, in linea
di massima, non furono contrari alla presenza di cacciatori in
gruppi poco numerosi specialmente perché con i cacciatori erano
frequenti scambi che agli stessi indiani parevano interessanti e
vantaggiosi con utensili altrimenti difficili da produrre. La
completa assenza di postazioni fortificate era la garanzia del
rispetto che i cacciatori (e la compagnia) volevano avere per la
“proprietà” delle regioni in cui si cacciava.
Non mancarono suggelli matrimoniali a questa
sorta di tolleranza. Molti cacciatori non riuscivano a fare a meno
di una donna indiana – in genere frutto di una vera e propria
compravendita con la famiglia - che li accompagnasse e che li
accudisse, aiutandoli persino nella caccia.
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