La caccia
atteggiamento interiore "dell'indiano nei
confronti dell'animale è del tutto diverso da quello europeo. Egli
considera l'animale un essere superiore".
Questo scrive
l'etnologo Aby Warburg nel suo studio "Il rituale del Serpente".
Per
spiegarsi meglio, Warburg cita le parole di un anonimo indiano:
"Guarda l'antilope, che è velocità pura, oppure l'orso, che
è tutto forza. Gli uomini sanno solo fare in parte ciò che
l'animale è interamente". Insomma: gli animali
concentrano nel loro essere una virtù specifica, noi uomini invece
siamo così deboli che dobbiamo prendere di qua e di là le nostre
qualità, cercando di accumularne a sufficienza per riuscire a
sopravvivere.
Questo spiega l'abissale differenza che c'è tra
un cacciatore indiano e un cacciatore bianco.
Gli indiani
vivevano in un mondo dove gli animali erano estremamente più
numerosi di loro e meglio attrezzati alla sopravvivenza, e dovevano
anzitutto cercare di imitarli, di imparare da loro. Uscendo a
caccia, rispettavano regole scrupolosissime: non dovevano uccidere
capi troppo giovani, né in numero eccessivo rispetto ai bisogni
della tribù, e poi, persino dopo la pesca, dovevano ringraziare gli
spiriti degli animali sacrificati per il proprio nutrimento. Non
c'era negli indiani nessuna idea di dominio sulla natura e nessuna
presunzione di superiorità rispetto al mondo animale. Ecco perché
le stragi compiute dai bianchi, che andavano a caccia di bisonti o
di cervi per puro sport, li sgomentavano. Non riuscivano a
capire il senso di tanta distruzione, non potevano ammettere questa
mancanza di rispetto per la vita.
Sentite le parole di un Wintu
della California: "I bianchi si burlano della terra, del daino
o dell'orso. Quando noi cacciamo la selvaggina, ne mangiamo tutta la
carne. Quando raccogliamo radici commestibili, noi facciamo solo
piccoli solchi. Noi ci procuriamo le ghiande scuotendo gli alberi.
Facciamo uso solo di rami secchi. L'uomo bianco, invece, rimuove la
terra, abbatte gli alberi, distrugge ogni cosa".
La caccia
era per gli indiani anche un'esperienza sacra. Un cacciatore Zuni spargeva una mistura di frammenti di conchiglie, farina e
polline sulle orme di un cervo, e cantava: "Padri miei, madre
mia (intendendo con questo gli animali, parenti e genitori
dell'uomo) in qualche piccola conca, tra qualche basso cespuglio, vi
rivelerete a me. Poi, che io possa saziarmi con la vostra carne, con
la vostra acqua viva".
Il cacciatore indiano, inoltre, era
sempre attentissimo a non alterare l'equilibrio naturale. Sempre tra
gli Zuni e gli Hopi, nel mese di dicembre (detto della "Luna
Pericolosa") la caccia era sospesa: "I conigli piangono
quando gli si da la caccia; durante questa luna non dev'essere
nessuna caccia". Il motivo è che in quel periodo, gli animali
si riproducono, dunque "nessun animale, nemmeno i conigli, dev'essere
estratto a forza dalle tane durante questa intera luna",
(citazioni tratte da L'Alce Sacro di Hamilton A. Tyler).
|