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Dipendere dagli animali
on l'arrivo dell'uomo bianco, le culture, il modo di vita e persino
le tradizioni dei Nativi mutarono radicalmente. Il principale
elemento di trasformazione fu rappresentato dal cavallo. Originario
dell'America, questo animale scomparve in epoca preistorica,
spostandosi nelle terre del Vecchio Mondo. Con l'arrivo degli
Spagnoli nel continente americano, fece ritorno nei suoi luoghi
nativi in cui, trovando un habitat ideale, riuscì a sopravvivere e a
moltiplicarsi. Probabilmente, i grandi branchi di cavalli selvaggi
che nel giro di poco tempo popolarono le pianure, ebbero origine dai
pochi esemplari scappati agli Spagnoli. In circa 250 anni tutte le
popolazioni indiane vennero a contatto con la razza equina. Prima
del cavallo uno dei pochi animali domestici delle tribù del Nord
America era il cane, utilizzato come bestia da traino, ma anche per
scopi alimentari. Con la cattura dei primi esemplari di cavalli vi
fu una vera e propria rivoluzione nel modo di vita dei Nativi. Da
sedentari quali erano, iniziarono a spostarsi con maggior frequenza.
Al cavallo fu attaccato il travois, un traino privo di ruote (i
Nativi non conoscevano la ruota), composto da due stanghe, fissate
sui fianchi dell'animale, e un piano su cui si sistemava tutto ciò
che era da trasportare, cioè il minimo indispensabile, che era poi
l'intero corredo della famiglia.
Tra i vari cambiamenti portati dal nuovo stile di vita, mutò anche
il modo di fare la guerra tra le varie tribù. Si tenga presente che
lo stato naturale delle famiglie indiane era quello belligerante.
Fare la guerra era un mezzo per acquistare onore e prestigio in seno
alla tribù. Venivano compiuti veloci raid, il cui scopo era quello
di procurarsi il maggior numero di cavalli possibile.
Infatti sul possesso di questi animali si basava la ricchezza di un
individuo, e il furto di cavalli era una delle azioni più valorose
che un guerriero potesse compiere. Poco alla volta l'Indiano si
trasformò in un esperto cavallerizzo ma soprattutto in un ottimo
cacciatore.
Mentre prima dell'avvento del cavallo la caccia non era il
principale mezzo di sostentamento per i Nativi, essendo questi
principalmente agricoltori, in seguito l'arte venatoria divenne
talmente importante da condizionare l'intera esistenza del gruppo.
La vittima preferita era il bisonte, il «buffalo» americano (spesso
tradotto erroneamente in italiano col termine bufalo). Del bisonte
si utilizzava tutto: la carne veniva o consumata subito (specie i
bocconi prelibati, quali la lingua e il fegato, che spettavano a
colui che aveva ucciso l'animale o agli anziani o alle donne
incinte) oppure, tagliata in strisce, veniva fatta essiccare al
sole, quindi polverizzata e conservata in sacchetti di pelle per
essere consumata durante l'inverno. Con l'aggiunta di grasso e di
frutta selvatica diveniva pemmicam, una sorta di brodo molto
saporito. Le parti non commestibili della carcassa - pelle, ossa,
tendini, coma e zoccoli - servivano per fabbricare utensili, per
confezionare i vestiti e le coperture delle tende.
La pelle veniva conciata dalle donne, resa morbida e trasformata in
abiti, mocassini e borse, cuciti con fili di tendini o di crine per
mezzo di aghi di osso; resa impermeabile costituiva il rivestimento
della tenda conica, il tepee. Con le ossa, le coma e gli zoccoli si
producevano coltelli, punte di freccia, cucchiai, ciotole. Con i
tendini e il crine si intrecciavano le funi e le corde per gli
archi. Con l'uso del cavallo divenne più semplice cacciare il
bisonte: la tecnica consisteva nell'accerchiare il branco e
attaccarlo da più direzioni. Un solo cacciatore poteva occuparsi di
una singola bestia, stancandola e quindi finirla anche con un'unica
freccia. Infatti un insegnamento tramandato da padre in figlio
diceva che se si colpiva la preda nel punto giusto, anche una sola
freccia poteva bastare: ad esempio, colpendo tra le ultime costole,
il proiettile avrebbe potuto raggiungere il cuore e freddare la
bestia, oppure, mirando alla giuntura dell'anca, il bisonte era
costretto ad accosciarsi e diventare facilmente raggiungibile dal
cacciatore.
Per affrontare la mandria, gli Indiani si dividevano in gruppi di
notevoli dimensioni, la cui guida era affidata ai cosiddetti soldier,
componenti di clan particolari, notevolmente abili e validi, che
avevano funzione di polizia. Dovevano mantenere l'ordine tra i
cacciatori che erano tenuti a seguire e obbedire alle loro
direttive. Ogni uomo portava con sé due cavalcature: ad un segnale
stabilito, in prossimità della mandria, si montava il cavallo da
caccia e si partiva all'inseguimento dei bisonti. Senza briglie ne
sella, l'abilità dei cacciatori consisteva nel reggersi con le sole
ginocchio ai fianchi della cavalcatura, scoccare frecce o sparare e
ricaricare l'arma.
Nonostante le grandi possibilità date dal cavallo e dalle armi da
fuoco, gli Indiani uccidevano solo il numero di bestie necessario
per il loro sostentamento; miravano agli animali adulti, con
preferenza ai maschi; tentavano, in sintesi, di mantenere un
equilibrio naturale che permettesse il continuo rigenerarsi delle
mandrie che attraversavano stagionalmente le praterie e che essi
costantemente seguivano. Il loro nomadismo era infatti dettato dalla
necessità di cercare nutriti gruppi di bisonti per soddisfare i loro
bisogni.
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Cavalli e bisonti. Il
principale elemento di trasformazione fu rappresentato dal
cavallo.
Originario dell'America, questo animale scomparve in epoca
preistorica, spostandosi nelle terre del Vecchio Mondo.
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