a produzione di un buon Whisky, secondo le antiche ricette scozzesi,
richiede tempi lunghi ed obbligati. Il primo stadio consiste nella
triturazione della materia prima. Il ricavato viene mescolato ad
acqua calda in grandi vasche metalliche. L’acqua serve ad attivare
gli enzimi che producono lo zucchero e a scioglierlo. Ne risulta un
liquido chiamato "wort" che viene poi avviato alla
fermentazione in vasche di legno di pino.
Poi ha inizio la
distillazione vera e propria. Il primo whisky che esce è da buttare
perché non potabile e dannosissimo per l’organismo umano.
L’assunzione di tale intruglio potrebbe addirittura provocare la
cecità.
Anche l’ultima parte del distillato ha effetti tossici. Solo la
quantità intermedia può essere usata e diluita opportunamente.
Dopodiché viene messa a maturare nelle botti per un periodo
variabile da almeno tre anni e fino a cinque. Distillatori di pochi
scrupoli utilizzavano anche l’ultima parte del distillato.
Depuravano il distillato dai nocivi oli di fusione, vi aggiungevano
qualche aroma per renderne meno disgustoso il sapore e via al
fiorente spaccio della frontiera.
E nella frontiera tutti bevevano, e forte pure! Non solo per
quantità. Solo imbottendosi di questa roba un soldato poteva
correre a morire sotto i cannoneggiamenti del nemico, un minatore
affrontare la sua tomba quotidiana, un mandriano resistere alla
polvere ed al gelo. E potete ora capire come mai nel West, dopo la
rituale bevuta nel saloon, i cowboy si scatenavano in risse e
sparatorie, perdendo totalmente il controllo di sé. Anche i soldati,
che pure avrebbero dovuto avere un comportamento più controllato,
quando si recavano in qualche paese a spendere i soldi della paga,
tornavano ai loro forti completamente storditi ed indebitati per
aver dovuto pagare i danni delle loro scorrerie.
Gli effetti deleteri delle sbronze erano causati anche dalla
qualità del whisky. Ecco una lista parziale degli ingredienti che
fraudolentemente venivano aggiunti al distillato, già di pessima
qualità:
tabacco, acido solforico, olio combustile, ammoniaca, polvere da
sparo, corteccia di quercia, avena, pepe di cayenna, acido nitrico,
bacche di ginepro, trementina ed altre sostanze dannose per
l’organismo.
I pellerossa della prateria, che non conoscevano l’alcool,
rivelarono ben presto una sete inestinguibile ed i commercianti ne
importarono in quantità immense traendone profitti favolosi.
Per fare ancora più soldi, i mercanti avevano ben presto imparato
che avrebbero potuto vendere agli indiani qualunque intruglio,
purché contenesse un poco d’alcool. Nacque allora un liquido, che in
gergo si chiamò trader’s brew, il distillato del mercante,
nel quale l’alcool veniva mischiato prima di tutto con abbondante
acqua e poi rinforzato con generose dosi degli ingredienti già
detti, aggiungendo addirittura succo di tabacco e sangue di animale
per dargli colore e corposità.
Il risultato finale era una pozione infernale che non solo ubriacava
gli indiani, ma li avvelenava, accreditando un’altra leggenda del
West secondo cui i pellerossa, esseri razzialmente inferiori, non
reggevano l’alcool come i veri uomini, come i bianchi.
Gli indiani chiamavano questa robaccia Acqua di Fuoco, proprio
perché ne bastava una goccia versata sui carboni accesi per produrre
una fiammata.
Se essi si ammalavano con i liquori spacciati nelle riserve dai
commercianti senza scrupoli, non era perché non reggevano l’alcol,
ma perché quei liquori erano puro veleno.
Anche se la vendita di alcool era proibita nelle riserve gli indiani
trovavano, con la complicità di tutti, il modo di avere quella
schifezza ed a prezzi altissimi. Il tasso di cambio corrente negli
anni Cinquanta e Sessanta dell’Ottocento era di due bicchierini di
whisky in cambio di una pelle di bisonte. Dunque un valore di pochi
centesimi per i 100 o 150 dollari che era il prezzo corrente di una
pelle.
Non possiamo parlare delle conseguenze dannose che l’alcool provocò
agli indiani senza esaminare, dal punto di vista medico, gli effetti
dannosi dell’alcolismo sul corpo umano.
Abbiamo un alcolismo acuto o ubriachezza determinato dall’ingestione
di una dose di alcool spesso ingente, variabile però da individuo ad
individuo, in un tempo relativamente breve, ad esempio una sola
volta. L’ubriachezza si manifesta inizialmente con disturbi
psichici.. La coordinazione dei movimenti appare turbata, l’andatura
è incerta: nella fase successiva l’ubriaco può cadere in coma più o
meno profondo, poi i disturbi scompaiono gradualmente.
L’alcolismo cronico, invece, deriva dalla consumazione abituale di
alcool anche a dosi modeste, perciò può instaurarsi gradualmente,
cioè i sintomi possono essere latenti a lungo, nondimeno l’andamento
subdolo dell’intossicazione sfocia in complicazioni gravissime,
talvolta mortali.
Tutto questo facendo uso di bevande alcoliche naturali e pure, cioè
fatte con materie prime genuine e con procedimenti fermentativi
corretti.
Immaginate un poco, perciò, le terribili conseguenze sull’organismo
del povero indiano quando le frodi alimentari propinavano loro
micidiali intrugli che neppure il più assetato bianco, anche in
crisi di astinenza alcolica, avrebbe accettato.
Per l’acqua di fuoco i pellerossa , divenuti dipendenti, offrivano
pelli, manufatti, cavalli e talvolta anche le loro mogli. Sotto gli
effetti dell’alcool spesso si lasciavano andare a risse, scorrerie e
nefandezze a danno dei bianchi. Così offrivano un valido pretesto
per essere uccisi dal piombo dei visi pallidi prima ancora che le
malattie causate dall’alcool li mandassero a raggiungere il
creatore. Lo stesso Benjamin Franklin arrivò a dire che l’alcool era
un dono della Provvidenza per estirpare i selvaggi e far posto ai
coloni.
Ecco una piccola rassegna di celebri marche
di whisky dell'epoca e di slogan pubblicitari con i quali erano
lanciate: Dust Cutter (Il Taglia Polvere, così secco da "fare
sputare cotone"); Brigham Young (dal nome del celebre reverendo
Mormone, una miscela così eccitante che ne bastava un sorso "a
farti diventare poligamo"); Red Disturbance (Tumulto Rosso, in grado di "corrodere uno stivale");
Apache Tears (Lacrime di Apache, in altre parole: un whisky che fa
piangere anche i duri); Joy Juice (Succo di Gioia, che per l'euforia
e il calore suscitati spinge il bevitore a sbarazzarsi subito dei
vestiti); Tungle Lag (cioè L'Attorciglia gambe); Miner's Friend
(L'amico del minatore, segnalato come "più esplosivo degli
esplosivi); Widow Maker (II Creatore di Vedove, usato dai soldati
durante la Guerra di Secessione).
Notate bene: questi non erano nomignoli scherzosi, ma proprio i
marchi stampati sulle etichette. Quegli immondi beveroni venivano chiamati Hard
Stuff, cioè Roba Pesante, proprio la stessa definizione che si usa
oggi per le droghe.