Alice Fletcher
lice Fletcher fu etnologa e leader del
movimento che voleva che i Nativi Americani avessero riconosciuti i
propri diritti in una società che ormai era dominata dai bianchi.
Non fu solo una teorica, ma mise in pratica le sue idee sul campo in
qualità di amministratrice della polizia indiana.
La Fletcher
nacque a Cuba nel 1838 quando la sua famiglia viveva li nel vano
tentativo di far guarire il padre di lei afflitto da una serie di
malattie. Il padre era un ottimo avvocato e la madre proveniva da
una famiglia piuttosto in vista nell'economia di Boston.
Per i
problemi di salute ai quali abbiamo accennato il padre morì quando
Alice aveva appena venti mesi.
Dopo essersi trasferita a Brooklin,
la madre la mandò in un collegio femminile cittadino nel quale
Alice sarebbe stata seguita nella prima infanzia, studiando e
venendo educata nel rispetto delle esigenze delle migliori famiglie
cittadine.
Sui primi quarant'anni di vita della Fletcher abbiamo ben
poche notizie, anche in considerazione delle poche informazioni che
lei stessa diffuse; in effetti si limitò a far sapere che frequentò
le migliori scuole e che in seguito insegnò per qualche tempo.
Da
alcuni brani del suo diario privato si è scoperto che ebbe numerosi
e consistenti problemi in famiglia. In ogni caso, negli anni 1870, a
New York City, divenne una delle attiviste più convinte del
movimento femminista. Alice Fletcher si interessò di antropologia e
di Nativi Americani piuttosto avanti nel corso della sua vita,
precisamente sul finire degli anni 1870. Dal 1880 si dedicò agli
studi archeologici assistendo Frederick Putnam, allora direttore del
Museo Archeologico ed Etnologico di Peabody.
Riteniamo che le
discriminazioni legate al sesso le abbiano precluso la via per
acquisire ruoli ben più importanti.
La passione per l'archeologia
la portò a interessarsi direttamente di pellerossa al punto che nel
1881 finì per trasferirsi presso gli Omaha del Nebraska. Il tempo
passato presso gli Omaha la lanciò nella carriera da antropologa e
studiosa degli indiani.
Rimase affascinata dagli usi e costumi dei
pellerossa e divenne così amica di molti di loro che alla fine
decise anche per l'adozione di Francis La Fleche.
In breve tempo
divenne così influente da poter condizionare le politiche nei
confronti degli indiani. Fu, infatti, ideatrice della divisione
delle terre tribali in singoli lotti di proprietà delle famiglie di
pellerossa.
Nel 1882 fu l'Ufficio Affari Indiani ad incaricarla di
studiare il modo per avviare la suddivisione delle terre indiane e
nello stesso periodo le fu affidato l'incarico di gestire
personalmente la lottizzazione del territorio degli Omaha.
In
seguito al Dawes Act del 1887 che stabiliva il frazionamento delle
terre indiane, la Fletcher gestì anche la lottizzazione della
riserva dei Nez Perce. Per la Fletcher, come pure per tutti gli
altri che la pensavano come lei, la lottizzazione delle riserve era
la panacea di tutti i mali che affliggevano i pellerossa. Credevano
che la proprietà tribale della terra costituisse un blocco naturale
alle spinte di miglioramento del singolo individuo che non si
sentiva incentivato a tenere le terre fertili con il proprio lavoro.
I riformatori temevano che finché gli indiani avessero tenuto la
loro terra come proprietà collettiva, i loro vicini bianchi non
avrebbero mai rispettato i loro diritti. La triste e nota storia
dello smantellamento dei diritti tribali che ne è seguita ha
dimostrato ben altra cosa, ripetendosi fino alla quasi totale
estinzione degli indiani stessi.
La politica dei riformatori
dell'est non passò inosservata, né incontrastata, specialmente dai
pellerossa che erano i diretti interessati ai devastanti effetti che
le lottizzazioni avrebbero di li a poco portato.
Gli indiani
vedevano la politica dei frazionamenti terrieri come l'ultima delle
imposizioni dell'uomo bianco, portatore di una cultura estranea ai
modi di vita delle tribù. Inoltre, molte terre indiane erano troppo
aride per essere coltivate proficuamente.
Ogni via fu seguita per
contrastare la politica della lottizzazione: gli indiani evitarono
le riunioni in cui venivano proposti i lotti, portarono avanti ogni
tipo di petizione (anche a mezzo di lobbies), scelsero infine i
lotti adiacenti allo scopo di ricostituire la proprietà indivisa
dopo il Dawes Act.
Molti riformatori amici degli indiani, tutti
coalizzati nella Associazione Nazionale per la Difesa degli Indiani,
aiutarono i pellerossa nella loro lotta contro il Dawes Act,
convinti che il frazionamento delle terre, ben lungi dal portare
prosperità ai singoli spingendoli a produrre in un sistema
competitivo, avrebbe solo impoverito quella povera gente. Le
peggiori e più funeste previsioni sulle lottizzazioni divennero
presto realtà. Al contrario delle asserzioni pubbliche e delle
migliori intenzioni di riformatori come la Fletcher, la divisione
delle terre fu un devastante disastro.
Nel periodo tra il Dawes Act
nel 1887 e il suo ritiro completo col New Deal nel 1934 gli indiani
furono privati di gran parte delle loro restanti terre.
La svendita
del "surplus" di terre - così venne chiamata quella parte
che avanzò dopo l'attribuzione dei lotti agli indiani - portò la
dimensione delle terre indiane da 150 milioni di acri (prima del Dawes Act) a 104 milioni di acri nel 1890, a 77 milioni di acri nel
1900 e, infine, a 48 milioni di acri nel 1934.
Nello stesso periodo
si dimostrò che quasi due terzi della popolazione indiana era ormai
senza terra o ne possedeva troppo poca per provvedere alla propria
sussistenza.
Fu la politica delle lottizzazioni a portare Alice Fletcher e la sua amica Jane Gay a Lapwai nella riserva dei Nez
Perce nel 1889. Le due amiche avevano studiato insieme e si erano
ritrovate a New York. Rinfrescarono così la loro amicizia
trasformandola in quel che certamente diventò un rapporto affettivo
molto stretto; la Gay pensava alla casa e a cucinare e coccolava la
Fletcher quando lei era triste; insieme girellavano nella riserva
dei Nez Perce e insieme andarono a vivere in un appartamento a
Washington alla fine del periodo trascorso nel nord ovest.
La Gay
divenne anche la biografa della Fletcher relativamente al periodo
trascorso tra i Nez Perce e imparò anche l'arte della fotografia
per aiutarla a raccogliere dati sulla cultura dei Nez Perce.
La Fletcher incontrò forti resistenze tra gli indiani che non
approvavano i suoi piani per la lottizzazione e in niente si risolse
un incontro con il famoso Capo Giuseppe che disapprovò
sdegnosamente i frazionamenti. Nonostante tutto lei proseguì sulla
sua strada, soggiornando tra i Nez Perce per numerosi anni nel
periodo primaverile finché completò la divisione delle terre. Il
lavoro per il governo la interessava e lei stessa difendeva il
proprio ruolo, ma nel contempo le lasciava troppo poco tempo per
dedicarsi ad altro.
Alla fine fu l'intervento di un benefattore che
le offrì una cattedra al Peabody College a consentirle di sopperire
alle proprie necessità economiche senza aver bisogno di lavorare
per il governo stesso.
Dopo il completamento del lavoro svolto
presso i Nez Perce la Fletcher impiegò la serenità economica e la
disponibilità di tempo garantite dall'incarico al Peabody
producendo un impressionante fiume di pubblicazioni. Molte furono
scritte a due mani con la figlia adottiva, Francis La Flesche, che
era a sua volta diventata un'antropologa.
Tra i lavori spiaccavano
uno studio della cultura Omaha e un altro sui cerimoniali Pawnee; da
segnalare si rivelarono numerose raccolte di musiche e canzoni dei
pellerossa.
Visto in una prospettiva antropologica, il lavoro della Fletcher
fu importante nella misura in cui applicò il rigore scientifico
dell'antropologia alle esigenze dell'etnologia.
Provò soprattutto ad ricavare considerazioni metodiche e
scientifiche da una serie di comportamenti tribali.
Morì nel 1923 quando aveva ormai conquistato una
rispettabilissima posizione nel panorama scientifico americano del
tempo.
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