Il vento del Dakota
gni avventura western prende l'avvio dal mitico
"cavallo d'acciaio": dalla ferrovia, che è insieme
"civilizzazione" della frontiera e "violazione"
di una terra che gli indiani considerano sacra e popolata dagli
spiriti.
Il nostro treno è in corsa nel Dakota, uno degli stati
meno noti e celebrati d'America.
Il clima del Dakota è inclemente:
lunghissime siccità, squassanti grandinate, nebbie che possono
durare giorni, il Blizzard, un vento gelido che trascina la polvere
a sessanta chilometri all'ora, escursioni termiche che possono
provocare improvvisi sbalzi di temperatura da dieci gradi sotto zero
a dieci sopra.
Chi può scegliere di vivere in un territorio così?
Eppure è stato proprio questo territorio arido a destare gli
appetiti di conquista dei bianchi. Forse proprio la sua apparente
inviolabilità ha rappresentato la grande sfida per chi voleva
portare il "progresso" nelle Grandi Pianure, per chi, dopo
averle strappate agli indiani le ha abbandonate facendo del Dakota
ciò che è oggi: "l'appartamento sfitto d’America",
popolato da appena un milione e trecentomila abitanti, cioè un
quinto della popolazione di New York su un'area vasta quasi quanto
la California, e destinato a diventare, nel giro di pochi anni, da
un lato "riserva naturale" ripopolata dai bisonti, e
dall'altro "il grande immondezzaio d'America" per la
discarica di scorie radioattive.
Se volete saperne di più, leggete
Dakota - Una geografia spirituale, un bellissimo libro da poco
pubblicato in traduzione italiana dall'editore Neri Pozza.
Secondo
l'autrice, Katleen Norris, il Dakota resta, ancora oggi, una tipica
terra di frontiera, dura e insieme intensamente spirituale: "un
paesaggio terrificante, ma bellissimo, nel quale siamo in balia
dell'imprevisto."
Il vento è la "presenza invisibile": il vento, divinità
fondamentale per i Sioux che lo chiamano Tatekan (Vento Sacro,
Misterioso, Magico), il vento mutevole e incostante, che può essere
sospiro e tormenta, brezza leggera che fa ondeggiare l'erba delle
praterie e soffio implacabile che può rendere folli.
Il vento che
può trasportare miraggi, visioni ed echi lontani, spalancando le
porte dell’immaginazione.
Ci piace immaginarvi in treno. Guardando fuori dal finestrino non
vedrete grandi pianure, né bisonti, ma distese di cemento e camion
che sfrecciano.
Però, per un attimo, chiudete gli occhi e immaginate d'essere
altrove, di viaggiare verso l'ignoto e imprevedibile.
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