Il film
irato da Penn
nel 1970 Piccolo Grande Uomo è un western inconsueto, non
soltanto per il netto schierarsi dalla parte degli indiani, ma anche
per il taglio ironico dato alla storia, ironia che in alcuni momenti
del film sale fino a diventare satira.
L'intento del regista
è smitizzare il west e raccontare gli indiani nella loro normalità
quotidiana (gli amori, le gelosie, persino l'omosessualità, vista
con molta più rispetto che da noi) e soprattutto raccontare la loro
tragedia.
Quest'ultimo
intento nel libro appare meno conclamato ma viene raccontato
semplicemente attraverso i puri e semplici fatti storici.
Impegnato nell'impresa
di ricucire le avventure picaresche racchiuse in un tomo di 550
pagine, Penn opera tagliando la parte centrale del romanzo, quella
della vita cittadina di Crabb, decisamente noiosa, ed inventando
alcune sequenze che hanno reso memorabile il film.
Il lungo rapporto di
Crabb con il pistolero Hickock viene ridotto ad un paio di efficaci,
significativi episodi, e largo spazio viene dato al rapporto tra
Little big Man e Old Lodge Skins (nel film tradotto come Cotenna
di Bisonte nel libro come Pellevecchia), l'uomo che lo ha
allevato. Nella tragedia del Washita, il duetto tra il vecchio
guerriero che si mette a fumare tranquillamente il calumet ed il
figlio adottivo che lo vuole salvare è una delle cose migliori del
film (e nel libro è ancora più efficace), grazie anche
all'interpretazione di Chief Dan George (finalmente un indiano a
recitare una parte da protagonista da indiano).
Il personaggio del
vecchio capo è la figura più riuscita dell'opera di Berger e del
film di Penn. Saggio ed ingenuo, "nonno" affettuoso ma anche
coraggioso guerriero. Il vecchio, perdendo la vista acquista una
maggiore consapevolezza di ciò che gli è intorno acquisendo una
sorta di seconda vista (nel libro, oramai cieco, abbatte a fucilate
un soldato che si è sporto nel suo tipi durante la strage del
Washita)
Inventata di sana
pianta ed inserita probabilmente come raccordo tra le varie
esperienze di Crabb, è la vicenda del personaggio interpretato da
Martin Balsam, commerciante cialtrone già monco ed orbo che ad ogni
affare andato male perde un altro pezzo della propria anatomia.
Francamente superfluo.
Nella seconda parte il
film ha il suo punto debole nei forzati e ripetuti incontri di
Little Big Man con Custer.
Inoltre, il generale è
disegnato in maniera caricaturale: pazzo ed esaltato, vestito come
un buffone da rodeo, innesca con il protagonista un improbabile
duello verbale a pochi attimi dalla battaglia del Little Big Horn.
Nel film è Crabb a spingere Custer verso l'insensato attacco e a
compiere così la sua vendetta. Un episodio introdotto da Penn e non
presente nel libro, che invece segue fedelmente tutte le fasi
storiche della battaglia.
Nel finale, il film
comunque si riscatta proprio grazie ad una riuscita trovata del
regista. Mentre nel libro, Old Lodge Skins (che il protagonista
chiama teneramente "nonno") sale sulla montagna per morire e
sdraiatosi a terra si ricongiunge agli dei, nel film la pioggia che
gli cade improvvisamente sul viso lo riporta alla realtà. Non è
ancora la sua ora e l'uomo scende con l'unico "figlio" sopravvissuto
alla guerra con i bianchi, raccontandogli le stravaganze della sua
ultima moglie.
Mentre i due si
allontanano nella pioggia la voce fuori campo del vecchio Jack Crabb
chiude il suo lungo racconto "Questa è la storia del popolo degli
uomini a cui fu promessa una terra su cui vivere in pace, una terra
tutta loro, fino a che l'erba cresce, il vento soffia ed il cielo è
blu."
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