Campi di prigionia
edichiamo questo speciale a una delle pagine più
oscure della Guerra di Secessione: i campi di concentramento.
I prigionieri di guerra vennero rinchiusi al principio in
alcuni Forti, poi in prigioni normalmente riservate ai criminali o
in edifici adattati allo scopo.
Ma il loro numero cresceva di
continuo e così si finì per ammassarli in desolati appezzamenti di
terreno circondati da palizzate.
In uno di questi veri e propri
campi di concentramento (Camp Douglas, Chicago), nel solo mese di
Febbraio 1863, morirono 387 prigionieri su 3.884 (cioè circa il
dieci per cento).
E in meno di un anno ad Andersonville, forse
il campo più malfamato dei campi "sudisti", un terzo dei
più di 30.000 prigionieri che vi erano stipati morì di stenti, di
malattie infettive o venne ucciso nel corso di disperati tentativi
di fuga. Il dottor Kerr, membro dello staff medico del campo,
scrisse: "Causa affollamento, sporcizia, denutrizione e
sconforto, la condizione fisica dei prigionieri era così precaria
che la più piccola abrasione della pelle, per un graffio, per gli
effetti del sole, o per la puntura d'un insetto, poteva degenerare
rapidamente in spaventose ulcerazioni e cancrena".
Le guardie
(poco più di duemila) vivevano nell'incubo di una sollevazione e
aprivano il fuoco al minimo pretesto.
Un sentiero cintato,
detto "La linea della Morte", correva intorno al campo. Si
sparava su chiunque tentasse di superarlo, ma ciò non bastava a
dissuadere i prigionieri: molti preferivano correre verso
l'inevitabile fine, piuttosto che sopravvivere in quelle disperate
condizioni.
Le uccisioni raggiunsero l'incredibile cifra di
centoventisette morti al giorno, cioè uno ogni undici minuti!
Ma
anche l'orrore più cupo lascia qualche spazio alla speranza, che in
questo caso si chiama fuga: una delle evasioni più celebri fu
quella del generale confederato John Morgan, rinchiuso nel
penitenziario di Columbus, Ohio. Morgan scavò con sei compagni un
lungo tunnel sotterraneo dopo aver aperto un buco in un pavimento di
cemento con dei normali coltelli da pranzo sottratti alla mensa
ufficiali! E prima di andarsene, da vero gentiluomo del Sud, lasciò
beffardamente ai carcerieri un messaggio nel quale illustrava la sua
tecnica di scavo e si congedava da loro con "gentili
saluti".
Un mezzo forse meno ingegnoso, ma senz'altro più
sorprendente, fu escogitato da un detenuto nordista della prigione
confederata di Salisbury (anche il Sud aveva naturalmente i suoi
luoghi di detenzione, ma molto meno spietati di quelli nordisti):
l'uomo, addetto alle sepolture, sfruttò la sua abilità di
ventriloquo facendo parlare un cadavere e provocando così la fuga
delle guardie atterrite.
Anche ad Andersonville avvenne un'evasione simile: un gruppo di
detenuti scavò un tunnel troppo corto, ma questo errore fu la sua
fortuna. Sbucarono, tutti sporchi di fango, proprio dietro un fuoco
posto nel bel mezzo dell'accampamento delle guardie che schizzarono
via in tutte le direzioni credendoli diavoli infernali.
Dal che si deduce che a volte la paura salva la vita... specie se
si tratta della paura degli altri!
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