Intervista al biografo
n tutti i principali testi che
trattano del Little Bighorn non manca una citazione del Rudio, non
fosse altro che per accennare o dettagliare la sua fuga avventurosa.
Mancava tuttavia una vera biografia del personaggio. Ha colmato questa
lacuna Cesare Marino, antropologo italiano presso lo Smithsonian
Institute che, dopo un lavoro di ricerca storica quasi ventennale, ha
dato alle stampe “Dal Piave al Little Bighorn” .
In questo volume pubblicato nel 1996
dal libraio ed editore bellunese (!) Alessandro Tarantola, di
difficile reperimento, Marino racconta la storia di Carlo Rudio con
grande precisione e rigore storico. Sono le vicende stesse della vita
del personaggio a trasformare questo libro in un racconto avvincente
e incalzante. Almeno metà del volume tratta del periodo
europeo/risorgimentale e si rivela una straordinaria opportunità per
avvicinarsi alle vicende di questo periodo storico soprattutto per
chi, come il sottoscritto, è arrivato a questa lettura partendo dalla
battaglia del Little Bighorn.
Molto interessanti anche le note e la
bibliografia.
L’autore, con grande disponibilità, ha
inoltre accettato di rispondere a qualche domanda sull’argomento.
Nell’intervista che segue si possono trovare approfondimenti e
ulteriori spunti di discussione.
D. Può
brevemente illustrare la sua biografia (studi, attività,
pubblicazioni, ecc.) ?
R. Sono
siciliano di nascita, veneto di adozione dove ho fatto il liceo e
l’università. Successivamente mi sono trasferito negli States per
perseguire i miei studi sugli indiani d’America. Ho conseguito un
Master e il Ph.D. in antropologia e ho fatto l’assistente
univesitario,
il consulente per il National Congress of American Indians, Americans
for Indian Opportunities e altre organizzazioni indiane. Dal 1983
collaboro alla stesura dell’Handbook of North American Indians presso
lo Smithsonian Institution. Sono stato anche docente di antropologia
in un paio di università di Washington. In margine a quanto sopra
porto anche avanti da tempo le mie ricerche sugli italiani in America
e i loro contatti con gli indiani nel periodo antecedente al grande
esodo postunitario. In tale contesto si inquadrano alcuni miei
articoli sul bergamasco Giacomo Costantino Beltrami, il mio libro sul
conte Rudio, quello sul fotografo Gentile, e l’opera cui sto
lavorando, un libro sul conte Paolo Andreani.
D. Quando
è “entrato in contatto” con il Rudio e cosa lo ha spinto a scrivere la
sua biografia ?
R. Ho
incontrato il Rudio nel corso delle mie prime letture sul Little
Bighorn; sapevo di John Martin, ma trovandomi nel Montana nel 1976,
rimasi molto sorpreso nello scoprire la presenza di un altro italiano,
un ufficiale, nelle file del 7mo. Rientrato in Italia, cercai notizie
su di lui, anche in situ a Belluno (dove era completamente
sconosciuto) trovando solo pochi riferimenti alla parte da lui avuta
nella faccenda Orsini. Mi resi conto che si trattava di una storia
insolita, e mi gettai a capofitto nella ricerca durata ben vent’anni.
Il libro è il frutto di tale ricerca.
D. Trova
più interessante, dal punto di vista storico, il periodo
risorgimentale della vita del Rudio o quello americano ?
R. Difficile
a dirsi, perchè in entrambi egli ebbe esperienze di vita assai
significative. Forse quello risorgimentale riflette più pienamente la
vera natura e le vere passioni del personaggio, mentre quello
americano rispecchia invece la realtà di un uomo oramai condizionato
dalle necessità della vita (moglie e figli), ma pur sempre attivo e
passionale e che sia di qua che di la’ dell’Atlantico visse a pieno il
suo destino.
D. Qual
è l’opinione che gli storici contemporanei europei e americani hanno
del Rudio ?
R. Il Rudio
è ancora poco conosciuto al di fuori della cerchia dei cultori di
custeriana. Il giudizio di questi ultimi tende al negativo sulla base
di fonti sempre secondarie e dello stereotipo diffuso dell’italiano
“codardo”. Ho intenzione di tradurre il mio libro in inglese per
offrire così un’immagine penso più obiettiva del Nostro; personaggio
contraddittorio, indubbiamente, ma anche meritevole di un giudizio
meno parziale.
D. Nell’avventura
del “thrilling escape” , come l’ha definito Brininstool, nella
battaglia di Little Bighorn, Rudio fu più furbo (all’italiana), più
codardo, più fortunato o piuttosto fu travolto dagli eventi e
dall’istinto di sopravvivenza suo malgrado ?
R. Come ama
affermare il collega Franzina, si tratta nel caso del Rudio di una
convergenza di fattori: certo fece uso dell’arte di arrangiarsi, della
furbizia tipicamente italica, ma non fu un “codardo, bensì un
“realista” e la fortuna gli arrise, anche il quel frangente così
estremo; la ritirata di Reno fu un fuggi fuggi generale, un “si salvi
chi può”, non un ripiegamento ben orchestrato. Rudio si trovò
distaccato nella boscaglia, e pensò a salvarsi la pelle; avrei fatto
così anch’io.
D. C’è
qualche episodio della vita e delle avventure del Rudio che le desta
qualche sospetto circa la sua veridicità ?
R. Direi
che la questione della fuga da Cajenna potrebbe ancora destare dubbi.
Ma sono tanti gli episodi della sua vita sui quali non sapremo mai la
completa verità, verità che potrebbe poi rivelarsi non così dubbia
come essa sembra a prima vista.
D. Che
ruolo giocò il Rudio nel procedimento a carico di Reno del 1879 ? Da
che parte stava ?
R. A
Chicago era in gioco l’onore del Reggimento; anche i critici di Reno,
tra cui il Nostro, abbassarono il tiro. La sua testimonianza fu molto
importante, e molto colorita e teatrale, come emerge dai resoconti per
i quali la rimando al capitolo “Testimone oculare” nel mio libro.
D. Come
era visto il Rudio dai suoi commilitoni del 7° anche dopo Little
Bighorn ?
R. Custer
non lo poteva vedere; Benteen non lo stimava troppo ma se lo teneva
buono come alleato potenziale contro Custer; Reno non si capisce bene;
Thomas French lo odiava, ecc. Ma il Nostro era benvoluto dagli uomini
della truppa, che gli regalarono anche una sciabola con l’elsa
decorata in oro.
D. C’è
qualche episodio o aneddoto che vede una relazione diretta tra il
Rudio e Custer ? ( le questioni del binocolo o della sciabola o altro)
*
R. Oltre
a quelli da lei menzionati c’è la questione dell’assegnazione, voluta
da Custer, del nostro Rudio allo squadrone “A” dell’odioso Myles
Moylan, che venne a privare l’ufficiale italiano del comando dello
squadrone “E” che gli spettava di diritto. Poco male, perchè questa
mossa odiosa del generale salvò la vita al Rudio!
D. Rudio
ha mai espresso in maniera inequivocabile la sua posizione riguardo
l’incongruenza di lottare per la libertà del popolo italiano e poi
combattere i nativi americani per rinchiuderli nelle riserve ?
R. Non
mi risulta. D’altra parte si tratta di una incongruenza che ha senso
oggi, con il senno del poi, ma che all’epoca non poteva aver troppo
merito. Gli indiani erano considerati dei “selvaggi”, da sottomettere
e da civilizzare, per il loro stesso bene (sic) non “vittime” come i
neri dell’ingiustizia dei bianchi. Senz’altro Rudio ci avrà pensato
negli ultimi anni della sua vita, a tale incongruenza, ma non ho
trovato materiale biografico in merito.
E. Qual
è la sua opinione sul coinvolgimento del Crispi nell’attentato a
Napoleone ? (**)
R. Tendo a
credere al Rudio, e sulla base della sua testimonianza oculare e delle
circostanze, che volevano il Crispi a Parigi quella stessa notte; e
poi le dichiarazioni corroboranti a distanza di anni di Enrico Comitti,
che nulla aveva a che fare con il Rudio.
D. Qual
è la sua opinione sulla presunta appartenenza alla massoneria da parte
del Rudio e sugli aiuti/raccomandazioni che questa organizzazione gli
avrebbe fornito ?
R. Rudio
era massone, anticlericale e mangiapreti; ma era un massone incomodo,
e sia gli italiani che gli inglesi preferirono toglierselo di mezzo;
lo “raccomandarono” ai confratelli americani, che lo aiutarono a
raffermarsi nell’esercito una volta finita la guerra civile.
D. A
sua conoscenza, ci furono altri italiani che si resero protagonisti
nelle guerre indiane, oltre a quelli del 7° Cavalleria ?
R. Ho
esaminato i ruolini di diversi reggimenti, trovando pochi altri
nominativi di italiani, che non parteciparono però a episodi storici
così famosi come quelli del 7mo.
D. Dato
che non è facile reperire il suo libro (io stesso l’ho trovato su una
bancarella di una fiera dedicata agli Indiani d’America), può dare
qualche suggerimento in proposito ?
R. Purtroppo si è trattato di una produzione editoriale
abbastanza casereccia, senza voler togliere nulla alla preziosa
collaborazione dell’amico Alessandro Tarantola di Belluno. Mi
piacerebbe, se ci fosse interesse da parte di qualche editore più
grande, rivederlo e pubblicarlo in seconda edizione, anche perchè ho
reperito altro materiale sul quale non voglio commentare, che aggiunge
ancora qualcosa alla storia.
D. “Dal
Piave al LittleBighorn” è stato pubblicato anche negli USA ?
R. No.
Ripeto, se ne avessi avuto il tempo, l’avrei già tradotto in inglese.
D. Al
momento, sta lavorando a qualche altra opera ?
R. Si, ai
diari di viaggio di Paolo Andreani che visitò il Nordamerica nel
1790-1792.
D. Personalmente
ritengo che le vicende a dir poco romanzesche della vita del Rudio si
prestino benissimo ad una versione cinematografica o televisiva. Ha
mai ricevuto richieste in tal senso ? Cosa ne pensa ?
R. Sono
stato contattato da un paio di persone, senza mai approdare a nulla di
definitivo. Anch’io penso la storia del Rudio meriterebbe un film.
D.
E’ possibile recuperare una copia della prima biografia del
Rudio del 1913 ?
R. Ne
esistono, che io sappia, solo tre copie in altrettante biblioteche
americane. Ho cercato dappertutto una copia in vendita, ma come il
mio, anche quello di Cesare Crespi uscì in edizione limitatissima.
D. A
distanza di 125 anni dalla battaglia, escono ancora moltissimi libri e
articoli su questo argomento. C’è veramente ancora qualcosa da dire o
da scoprire su Little Bighorn che non sia stato già detto ?
R. Sì e
no; Custer e il Little Bighorn ti appassionano appunto per quello. Le
faccio un esempio: ho rinvenuto il breve sunto della battaglia stilato
dal cavalleggero genovese Augusto Devoto (o DeVoto), che non è
conosciuto in Italia, e vorrei farne qualcosa. Vede, c’è ancora
qualcosa da “scoprire” e da “dire”, soprattutto da parte dei
protagonisti, anche a distanza di 125 anni.
(*) Pare che Custer si fosse fatto prestare dal
Rudio un binocolo particolarmente potente con il quale si recò sul
Crow Nest nel tentativo di localizzare il campo indiano.
Rudio possedeva una sciabola fuori ordinanza che
Custer gli impediva di usare.
(**) Rudio sostiene che poco prima di raggiungere
il luogo dell’attentato, Felice Orsini passò una bomba a Francesco
Crispi che presumibilmente la lanciò verso la carrozza di Napoleone
III. Crispi non fu mai incriminato per l’attentato.
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