Edward S. Curtis, fotografo ed etnologo
dward Sheriff Curtis, etnologo e fotografo
vissuto a cavallo di due secoli (1868-1952), ha legato in maniera
indissolubile la propria fama alla realizzazione di un portfolio di
quasi 2.200 fotografie scattate in quasi trent'anni di ricerca sul
campo a pellerossa appartenenti a 80 diverse tribù.
Poco prima
della fine del XIX secolo Curtis iniziò la sua lunga peregrinazione
tra gli indiani del Nord America allo scopo di recuperare e fissare
con parole e fotografie la cultura dei Nativi così come ci è
pervenuta dopo duemila anni di vita delle nazioni indiane.
Il
risultato di tanta fatica fu raccolto in una massiccia enciclopedia
composta da 20 volumi - The North American Indian, The Complete
Portfolios - che raccoglievano tutte le fotografie e le osservazioni
a corredo delle stesse.
Il successo non arrise all'iniziativa di Curtis perché a quel tempo le tecnologie di stampa erano piuttosto
rudimentali al punto che l'intera enciclopedia finì per costare
quasi un occhio della testa e ne furono vendute solo 272 copie: un
volume d'affari ridicolo che portò all'immediata chiusura
dell'iniziativa.
All'inizio del suo lavoro Curtis sapeva ben poco
degli indiani e, comunque, finiva per condividere molte delle
dicerie dei bianchi della sua epoca. Ad esempio, al riguardo della
religione dei pellerossa, Curtis pensava (quando cominciò i
bighellonamenti!) che non fosse altro che superstizione. Ci volle
ben poco per rendersi conto di come le cose non stessero davvero
come allora si pensava.
I pellerossa si dimostrarono ciò che
davvero sono: un popolo meraviglioso, perfettamente integrato nella
natura, rispettoso e per nulla disposto a chiedere più del
necessario.
Curtis non faticò molto ad assimilare questi concetti e
lo mostrava nel modo più genuino al punto che tutte le tribù
visitate, dopo un breve istante di naturale diffidenza, si rendevano
disponibili a fissare per sempre le loro tradizioni migliori con
l'aiuto dello staff di assistenti di Curtis e con l'ausilio della
macchina fotografica. Tutto ciò che era ancora possibile e naturale
venne così fotografato nel suo essere vita di tutti i giorni e
tutto quello che era ormai scomparso, spazzato via da decenni di
sopraffazioni dell'uomo bianco venne ricreato artificialmente e
bloccato sulla pellicola fotografica, per sempre.
La passione
pervase tutto il lavoro di Edward Curtis e dei suoi collaboratori
che, nonostante le frequenti crisi finanziarie attraversate,
riuscirono a completare la loro opera regalandoci un mondo che stava
quasi per sparire e che pure ci appare quasi non sfiorato dall'uomo
bianco.
Dal Messico all'Alaska, un compendio ragionato del lavoro di Edward Curtis, suddiviso in 12 volumi, è oggi pronto ad essere
ammirato dai nostri occhi moderni eppure non sazi della civiltà e
sempre alla ricerca di qualcosa che ci ricordi la natura allo stato
primordiale.
Spero che lo sforzo compiuto per recuperare il
materiale pubblicato in questo sito sia giustificato dalla vostra
soddisfazione nell'osservarlo. Buona visione!
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